SCIENZE


1         INTRODUZIONE

Trattando di Mafia e delinquenza ho ritenuto interessante annotare che in passato sono stati fatti tentativi di definire se esistessero i criminali naturali, cioè persone predisposte alla delinquenza sin dalla nascita.

Nel corso del tempo sono state proposte molte teorie per spiegare i fenomeni criminali: teorie psicologiche, teorie sociologiche e teorie neurobiologiche e neuropsicologiche. In questa mia esposizione esaminerò il tentativo di attribuire un’origine biologica alla delinquenza e in questo modo coglierò l’occasione per trattare anche una breve esposizione sulla genetica e le leggi di Mendel.

 

2      IPOTESI  SULLA DELINQUENZA

In un passato anche recente si è ritenuto che alcuni esseri umani nascessero naturalmente predisposti alla delinquenza o in alternativa si proponeva la teoria dell’atavismo cioè la comparsa in un individuo di caratteristiche non possedute né dai genitori, né dagli immediati ascendenti e interpretato dai primi evoluzionisti come un ritorno a condizioni che esistevano in lontanissimi antenati, una sorta di regressione ai caratteri primordiali. Successivamente furono avanzate diverse teorie circa le origini biologiche della delinquenza. Le più note sono quella dell’ Antropologia criminale e quella del Cromosoma Y soprannumerario.

2.1       ANTROPOLOGIA CRIMINALE

Cesare Lombroso nacque a Verona nel 1835 e morì a Torino nel 1909.  Fu un medico, antropologo, criminologo e giurista, considerato “padre” della moderna criminologia. Lombroso è stato uno dei pionieri degli studi sulla criminalità, fondando l’Antropologia criminale basata sulla fisiognomica, cioè sull’aspetto fisico. L’antropologia criminale è una scienza empirica e quindi si basa su delle ipotesi, ma Lombroso tentò di dar loro oggettività senza mai poterle dimostrare adeguatamente.

Le sue opere si basano sul concetto del criminale per nascita, ovvero che l’origine del comportamento deviante è da ricercarsi nelle caratteristiche anatomiche, ovvero nell’aspetto fisico del soggetto. Lombroso sosteneva che il delinquente è una persona fisicamente differente dall’uomo normale in quanto dotata di anomalie ed atavismi, che ne determinano il comportamento criminale. Nell’ultima parte della sua vita Lombroso prese in considerazione anche i fattori ambientali, educativi e sociali come concorrenti con quelli fisici nella determinazione del comportamento criminale.

La teoria dell’uomo delinquente fu formulata anche a scopo ideologico, infatti Lombroso voleva aiutare l’Italia postunitaria sul fronte del controllo sociale, perché nella seconda metà dell’Ottocento in ambito di ordine pubblico vi era una situazione precaria, determinata principalmente dal fenomeno del brigantaggio.

Oggi è stato dimostrato che sia l’ambiente sia i geni influiscono sull’aspetto fisico, ma che l’aspetto fisico non influisce sul comportamento, che è invece influenzato anch’esso dai geni o dall’ambiente, pertanto la dottrina lombrosiana è attualmente considerata pseudoscientifica e priva di fondamento.

A Torino esiste il “Museo di antropologia criminale Cesare Lombroso”,  fondato dallo stesso Cesare Lombroso nel 1876 presso la locale università.

2.2       CROMOSOMA Y SOPRANNUMERARIO

In tempi più recenti, negli anni ’60, è stata proposta la teoria del Cromosoma Y soprannumerario. In altre parole fu avanzata l’ipotesi che esistessero tendenze innate, dovute ad anomalie dei cromosomi, che conducevano alla condotta criminale.

Nel patrimonio genetico umano normale sono presenti due cromosomi sessuali: XX nel caso delle femmine e XY nel caso dei maschi. Il cromosoma Y è quindi quello che determina l’acquisizione del sesso maschile. In un certo numero di casi di soggetti ricoverati in manicomi criminali o incarcerati per gravi reati, si osservò la presenza della trisomia XYY, cioè la presenza di un cromosoma Y aggiuntivo. Partendo da queste basi si formulò una teoria che metteva in relazione la criminalità e le anomalie cromosomiche. La sindrome XYY supponeva la predisposizione verso la criminalità e quindi l’esistenza del delinquente nato .

Seppure in un numero limitato di casi fu rilevata la presenza di un cromosoma Y in più in criminali di sesso maschile. Anziché la normale coppia di cromosomi sessuali XY, questi individui erano forniti di un corredo cromosomico XYY. Queste persone erano dotate di statura superiore al normale, d’intelligenza inferiore alla media e di comportamento spesso violento. Da qui è derivata la convinzione che l’anomalia cromosomica potesse essere considerata la base genetica della condotta violenta.

In realtà, dal punto di vista del metodo scientifico, questi studi erano viziati: mancava il confronto con persone non internate (non rinchiuse in carcere o in un ospedale psichiatrico). Quando questo studio venne effettuato si riscontrò che la frequenza dei soggetti XYY fra i delinquenti non era superiore a quella degli stessi nella popolazione generale. Inoltre l’anomalia cromosomica fu rilevata anche in soggetti dalla condotta del tutto normale e quindi cadde il valore attribuito all’ipotesi di partenza.

 

3         FINGERPRINTING DEL DNA

Le indagini di polizia utilizzano le impronte digitali (fingerprints) rilevate sulla scena del delitto per risalire al colpevole. Questo è possibile perché non esistono due individui al mondo con le stesse impronte digitali. Un’impronta digitale è una prova indiscutibile d’identificazione nell’ambito di un indagine.

Allo stesso modo non esistono due esseri umani (tranne i gemelli omozigoti) che possiedano esattamente lo stesso genoma (il corredo di cromosomi contenuti in una cellula). Sulla base di questa constatazione è stata sviluppata una tecnica basata sull’esame del DNA per l’attribuzione della paternità o della maternità. Questa tecnica si chiama Fingerprinting del DNA (tipizzazione o costruzione delle impronte digitali).

In biologia molecolare si usa la sigla RFLP (dall’inglese restriction fragment length polymorphism, polimorfismo da lunghezza dei frammenti di restrizione) per indicare due concetti:

  1. la caratteristica delle molecole del DNA che consente di distinguerle l’una dall’altra, grazie alle differenze nelle sequenze di nucleotidi che le compongono
  2. la tecnica di laboratorio che sfrutta queste caratteristiche per mettere a confronto le varie molecole di DNA. Questa è la tecnica che viene utilizzata nella realizzazione di impronte genetiche d’identificazione.

L’analisi del DNA per identificare un individuo è eseguita utilizzando marcatori altamente polimorfici distribuiti in tutto il genoma. Un marcatore è costituito da un frammento di restrizione all’interno del quale si trovano corti frammenti di DNA organizzati in tandem. Le differenze fra gli individui sono dovute alla infinite possibili ripetizioni di questi tandem. Per l’analisi si usa un enzima di restrizione che produce frammenti di dimensioni diverse, che è possibile analizzare attraverso apposite sonde VNTR (variable number of tandem repeats) a DNA radioattivo.

3.1       APPLICAZIONE DELLA TECNICA FINGERPRINTINGS

Il DNA viene prelevato dalla scena del crimine e dall’individuo sospetto. Il campione può provenire dal sangue, dai tessuti, dai fluidi corporei o dalla radice dei capelli. Se la quantità di DNA disponibile è piccola, il campione può essere accresciuto attraverso la polimerasi (PCR) ovvero la ricostituzione di un segmento di DNA “completo” (a doppia elica) a partire da un filamento a singola elica.

Il DNA così ottenuto viene tagliato con appositi enzimi e i frammenti sono separati per elettroforesi su gel (separazione per effetto di un campo elettrico applicato mediante una coppia di elettrodi a un fluido). I frammenti sono poi trasferiti su una membrana filtro con una tecnica chiamata Southern e posti in evidenza attraverso una sonda VNTR. I frammenti si dispongono in bande che sono messe a confronto con un analogo campione proveniente dall’individuo sospetto. Se le bande sono identiche l’identificazione del sospetto è praticamente certa ed accettata come prova in tribunale.

 

4         CROMOSOMI E GENI

I cromosomi sono formazioni microscopiche contenute nei nuclei di ogni cellula, a loro volta costituite dai filamenti del DNA depositari del patrimonio genetico di ogni individuo.  I 46 cromosomi dell’uomo sono accoppiati a due a due, dei quali uno proviene dalla madre e l’altro dal padre, così che il patrimonio ereditario di ciascun individuo è per metà materno e per metà paterno.

Ogni cellula del corpo umano, (circa 100 miliardi) dalla pelle ai muscoli al fegato, eccetto i globuli rossi, racchiude 46 piccoli corpi, i cromosomi che sono costituiti da un doppio filamento lunghissimo, ripiegato molte volte: il DNA. Il DNA è lo stesso in tutte le cellule del nostro corpo e costituisce il nostro patrimonio genetico o “Genoma”. Il DNA ha al suo interno 3,1 miliardi di “lettere” e contiene, allineate lungo i due filamenti, 4 tipi di specie chimiche dette “basi”, che per brevità vengono indicate con A, C, G e T. Il Genoma umano è costituito da circa tre miliardi di basi. Il DNA è una molecola a doppio filamento (chiamata anche “doppia elica”) nella quale è codificata l’informazione per la composizione di aminoacidi e proteine, elementi essenziali del nostro organismo.

In ogni cellula è presente un nucleo, che a sua volta contiene 46 cromosomi (ad eccezione della cellula uovo e della cellula spermatozoo, che ne contengono 23). I cromosomi sono corpuscoli dalla struttura filamentosa, disposti in 23 paia e composti da una catena molto lunga di DNA (acido desossiribonucleico), oltre che da un rivestimento proteico.

In definitiva il Cromosoma è una struttura che sta all’interno della cellula, ha la forma di un bastoncello, è portatore dei caratteri ereditari, è composto da DNA e contiene i Geni. I Geni sono le Unità, contenute in ciascun cromosoma, che controllano i diversi caratteri ereditari.

 

5     CROMOSOMI E TRASMISSIONE DEL SESSO

Come ho già spiegato, nel nucleo di ogni cellula umana sono presenti 46 cromosomi, metà ereditati dal padre e metà dalla madre. Quindi i cromosomi umani sono ordinati in 23 coppie di cromosomi omologhi. Le prime 22 coppie di cromosomi hanno la stessa forma nei due sessi, mentre la ventitreesima ha la forma XX nella femmina e XY nel maschio, come se il cromosoma Y fosse un cromosoma X che ha perso un pezzetto.

I cromosomi X e Y si dicono cromosomi sessuali, perché la loro presenza determina il sesso di un individuo. Il sesso si eredita come gli altri caratteri ereditari, ma in questo caso è interessato un intero cromosoma  e non soltanto un gene. Nei maschi la meiosi forma metà gameti con cromosoma X e metà con cromosoma Y. Nelle femmine, invece, i gameti sono tutti di tipo X. Al momento della fecondazione sarà la presenza del cromosoma Y a determinare il sesso del nuovo individuo. La probabilità che nasca un maschio o una femmina è esattamente del 50%. Dal momento che nella specie umana il cromosoma Y proviene dal padre, si dice che è il maschio che determina il sesso del nascituro. In altre specie animali succede il contrario.

 

6         NASCITA DELLA GENETICA

Ogni essere vivente nasce da individui simili e genera individui simili a se. Così le caratteristiche di base della specie sono trasmesse attraverso le generazioni. Le leggi sulla trasmissione delle caratteristiche fisiche furono scoperte nell’800 grazie agli studi del monaco boemo Gregor Mendel. In otto anni Mendel realizzò incroci artificiali su circa 10.000 piante e studiò le conseguenze di questi incroci. Gli studi di Mendel posero le basi della genetica e formularono tre leggi.

 

7         LE LEGGI DI MENDEL

Mendel condusse esperimenti sulle piante di pisello odoroso che fecondava applicandovi il polline con un pennellino. In questi esperimenti si servì di razze pure, ad esempio che presentavano tutte fiori o semi di uno stesso colore, generati da altrettante razze pure.

7.1       Prima legge di Mendel

Mendel incrociò due razze pure: una di piselli gialli e una di piselli verdi. La prima generazione di piselli nati da quest’incrocio erano tutti gialli, il colore verde era scomparso. Questi nuovi piselli, essendo stati generati da piselli di colore diverso, ovvero con caratteri diversi, non erano più puri, ma ibridi. Compiendo molti esperimenti Mendel giunse alla conclusione che nella trasmissione ereditaria alcuni caratteri dominavano su altri. I primi furono chiamati appunto, caratteri dominanti, i secondi caratteri recessivi.

Quindi la prima legge di Mendel, detta anche della dominanza dei caratteri afferma che: “incrociando tra loro individui di razze pure, ma con diversi caratteri, si ottiene una prima generazione che presenta solo uno dei due caratteri, quello definito dominante”.

7.2       Seconda legge di Mendel

Le piante che nacquero dalla seconda generazione non erano tutte uguali: alcune erano di piselli gialli, altre di piselli verdi. Il colore che era stato sopraffatto dal carattere dominante della prima generazione, nella seconda generazione ricompariva per ¼ del numero complessivo delle piante (25%).  Per spiegare la cosa Mendel pensò che i caratteri ereditari fossero determinati non da un solo fattore, ma da una coppia di fattori (quelli che Mendel chiamava fattori, sono i geni). Nelle piante con caratteri puri la coppia doveva essere stata formata da fattori uguali tra loro: Omozigoti. Mendel comprese che gli ibridi della prima generazione ereditavano un fattore da un genitore e uno dall’altro, divenendo così eterozigoti.

La seconda Legge di Mendel dice che: ”i caratteri provenienti da due genitori non si mescolano nell’ibrido, ma si segregano, cioè si separano nel momento in cui l’ibrido forma i propri gameti”.

I semi gialli della prima generazione non erano più gialli puri. Anche se esternamente avevano lo stesso aspetto dei piselli gialli di razza pura, la loro composizione genetica era diversa. In genetica l’aspetto esterno si chiama Fenotipo (ciò che appare), mentre il fattore ereditario nascosto nei nuovi piselli gialli, si chiama Genotipo.

7.3         Terza legge di Mendel

Mendel si appassionò talmente ai suoi studi che proseguì utilizzando piante che differivano non più di un solo carattere, ma di due. Incrociò quindi piselli gialli e lisci con piselli verdi e rugosi.

Nella prima generazione ottenne soltanto piselli gialli e lisci, nella generazione successiva, ottenuta dall’incrocio delle piante della prima generazione, ottenne piselli nei quali i caratteri che prima erano uniti ora si erano separati per combinarsi in modo indipendente formando nuove combinazioni, come ad esempio piselli verdi e lisci.

La terza legge di Mendel dice che: ”se s’incrociano tra loro individui che differiscono per due o più caratteri, questi sono ereditati indipendentemente uno dall’altro”.